There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

lunedì 24 febbraio 2014

About a Boy: dal romanzo, al film... alla serie tv!


Nel 1998 Nick Hornby pubblicò About a Boy, romanzo che nel giro di poco tempo diventò un best seller indiscusso, campione di vendite nel Regno Unito e non solo.
Quattro anni dopo, Paul e Chris Weitz adattarono il romanzo nel celebre film con Hugh Grant, Toni Collette e Nicholas Hoult come protagonisti.
Il concetto chiave del film, che racconta la bizzarra amicizia tra il single incallito Will, e Marcus, adolescente con una madre iperprotettiva e costantemente depressa, è che “nessun uomo è un’isola” e che per vivere sereni e felici, è necessario instaurare relazioni interpersonali salde, durature e ben radicate.
Inevitabile che, dopo romanzo e film, a distanza di parecchi anni, arrivasse anche la serie tv di About A Boy, in onda sulla NBC e creata da Jason Katims, creatore di prodotti di innegabile successo e qualità quali Roswell, Parenthood e Friday Night Lights.
La sitcom, ha debuttato il 22 febbraio negli States e vede nel ruolo di Will il bel David Walton (New Girl, Happy Endings) e in quello di Marcus l’adorabile Benjamin Stockham.
Nel ruolo di Fiona, la madre del protagonista, Minnie Driver, interprete di alcune celebri pellicole come Will Hunting La versione di Barney, mentre in quello del padre del bambino, personaggio presente nel romanzo ma non nel film dei fratelli Weitz, Tony Hale, famoso per il ruolo di Gary in Veep (HBO).
Il pilot della comedy parte in quarta e nell’arco di poco più di venti minuti, riesce a toccare tutti i punti salienti del romanzo, attraverso una sceneggiatura intelligente ed esaustiva e una regia briosa e fresca.
La principale differenza con l’opera di Hornby, risiede principalmente nel cambio di location: la serie è ambientata infatti nella soleggiata San Francisco, tra salite, discese e villette a schiera.
L’alchimia tra i due protagonisti c’è e si nota subito, sin dalle prime gag: Walton e Stockham insieme funzionano, convincono e divertono lo spettatore.
Poco importa se la trama differirà in futuro con quella originale: la storia di Hornby è talmente famosa e celebre, che qualche piccolo cambiamento non può che giovarle.
A distanza di più di quindici anni dall’uscita del romanzo, e a più di dieci da quella del film, è interessante vedere la nuova versione di una vicenda già nota e molto amata dal grande pubblico.




lunedì 10 febbraio 2014

The 7.39: David Nicholls, l'amore e il tempo che fugge


David Nicholls, autore del celebre romanzo, One Day, si cimenta stavolta nella scrittura di una mini serie trasmessa dalla BBC One, The 7.39, un romantic drama semplice, ben scritto e ben girato.
Ancora una volta, al centro della sua narrazione, l’amore e lo scorrere inesorabile del tempo, insieme a frammenti di vita presi e messi insieme con delicatezza e incredibile profondità.
La storia parte da un presupposto semplice, anche banale se vogliamo, ma la chiave di lettura che Nicholls riesce a conferirgli, denota una finezza e un tatto nella scrittura che pochi scrittori possono vantare di possedere.
Carl (David Morrissey) prende lo stesso treno da dodici anni ogni mattina, per raggiungere il suo ufficio a Londra. È un uomo modesto, ordinario, semplice, educato. Ha una moglie affettuosa, accondiscendente e paziente, e due figli adolescenti, piuttosto tranquilli per la loro età. Carl compie ogni giorno le stesse, identiche azioni: casa-treno-lavoro-treno-casa.
Senza mai reagire alla vita che gli scorre davanti.
Senza trasgredire o desiderare altro all’infuori della sua “normalità”.
Carl è un uomo mediocre, senza l’accezione negativa del termine. Lui è semplicemente così, e non sia mai chiesto perché. Non si è mai fermato a chiedersi chi sarebbe senza la sua vita ordinaria, o senza la sua famiglia.
Un giorno Carl incontra lo sguardo di Sally (Sheridan Smith), una donna più giovane di qualche anno, in procinto di sposarsi per la seconda volta con un uomo con cui ha davvero poco in comune ma che riesce a farla sorridere, a farla stare bene, diversamente dal suo ex marito.
Nessuno dei due è in cerca di un colpo di fulmine, né di una storia extra coniugale.
Né Sally, né tantomeno Carl, avrebbero mai pensato che il loro incontro sul treno, una mattina alle 7.39, avrebbe cambiato per sempre le loro vite, in un modo o nell’altro.
I due personaggi, protagonisti di due vite “normali” e tutto sommato felici, intraprendono un percorso naturale, banale forse, ma comune a molti altri esseri umani.
Iniziano a conoscersi, a passeggiare insieme per le strade di Londra, a parlare, sempre di più, scoprendo cose in comune, fragilità e debolezze l’uno dell’altra, a bere una birra insieme sul treno di ritorno a casa, a ridere e lasciarsi andare senza pensare troppo ai problemi familiari, lavorativi, esistenziali.
Ed è così, proprio in questa maniera semplice e ordinaria, che Carl e Sally, s’innamorano. Su un treno, tra centinaia di pendolari, per fuggire a una realtà che li rende sconfitti, deboli, uniti dalla stessa, comune insofferenza. Un senso di vuoto, privo di fondamenta, ma che è lì, presente, invadente, prepotente.
Si sfiorano all’inizio timidamente, in seguito con sempre maggiore passione, si amano, tra sensi di colpa, bugie e ripensamenti.
Tutto dura il tempo necessario per capire che no, non c’è futuro e un finale amaro e malinconico, spalanca loro le porte per una nuova vita, simile o inesorabilmente diversa da quella di prima, sta allo spettatore deciderlo.
The 7.39 è un frammento di vita di un individuo qualunque, che non brilla per l’originalità del plot, questo è certo, ma che riesce a raccontare in maniera delicata e vicina alla realtà una storia incentrata sull'immobilità, che nella sua lentezza, in realtà viaggia ad alta velocità.
Impossibile per i lettori di Nicholls, non ritrovare qua e là piccoli dettagli di One Day, anche soltanto per i dialoghi tra i due protagonisti che in alcuni passaggi, soprattutto durante la prima fase della loro conoscenza, ricordano inevitabilmente quelli tra Emma e Dexter.

Questi ultimi, proprio come Carl e Sally, sono due sopravvissuti, due anime in pena in cerca di redenzione che, proprio grazie al loro incontro e alla breve (ma intensa) fuga dalla realtà che li ha uniti, sono riusciti a raccogliere i pezzi di una vita passata, a rimetterli insieme, e a tornare a sorridere, seppur non insieme.

lunedì 3 febbraio 2014

The Following: la seconda stagione, questa sera su Premium Crime


ATTENZIONE: CONTIENE SPOLIER SULLA STAGIONE 2

Il salto temporale di un anno ci introduce alla seconda, adrenalinica stagione di The Following, la serie evento del 2013 in onda da questa sera con la seconda stagione alle 21.15 su Premium Crime e da domani su Fox Crime (21.55).
Lo scorso anno The Following è riuscito a dividere pubblico e critica: molti infatti hanno rimproverato lo show creato da Kevin Williamson (Dawson’s Creek, The Vampire Diaries, Scream) per la sceneggiatura a tratti confusa, a tratti eccessivamente prevedibile e forzata.
Una verità innegabile, non c’è dubbio, ma è altrettanto vero che, malgrado gli evidenti difetti nello script, la serie è riuscita a conquistare la maggior parte del pubblico, registrando negli Usa ascolti più che positivi, tra i sette e i dieci milioni di spettatori a episodio.
The Following è l’esempio eclatante di come, attratto dalla trama e dai personaggi, lo spettatore sia disposto a cedere alla “sospensione dell’incredulità”, ovvero a mettere in stand by le proprie facoltà critiche per godere pienamente di un’opera di fantasia ignorandone incongruenze lampanti ed evidenti anche agli occhi meno esperti di “crime”.
In sintesi, noi spettatori decidiamo implicitamente di accettare i difetti e di goderci lo show senza ragionare troppo su quanto sia plausibile una scelta narrativa o l’altra grazie soprattutto al carisma di due personaggi magnetici e irresistibili come Ryan Hardy (Kevin Bacon) e Joe Carrol (James Purefoy).
Il pregio della serie è infatti quello di riuscire a coinvolgere lo spettatore trascinandolo in un susseguirsi di inseguimenti, omicidi e colpi di scena inarrestabili.
Una serie che, seppur in alcuni passaggi prevedibile, riesce a dare i brividi, a tenere incollati alla poltrona per tutta la durata degli episodi.
La seconda stagione, trasmessa da Mediaset e Sky in contemporanea con gli Stati Uniti, già nella prima puntata introdurrà nuovi, emblematici personaggi.
L’addio di Claire Matthews (Natalie Zea) nei primi minuti, verrà colmato da un nuovo personaggio femminile che farà battere il cuore (malmesso) di Ryan: Lily (Connie Nielsen), l’unica sopravvissuta durante l’omicidio collettivo compiuto da un gruppo di seguaci di Carrol in metropolitana.
Sin dall’inizio della stagione ci troveremo faccia a faccia con i nuovi serial killer cui Hardy dovrà dare la caccia, una coppia di gemelli interpretati da Sam Underwood, giovane e talentuoso attore comparso di recente nell’ultima stagione di Dexter.
Le new entry non finiscono qui, e accanto a Mike Weston (Shawn Ashmore) ed Emma (Valorie Curry), volti già noti della prima stagione, conosceremo subito aniche Max, la nipote di Ryan interpretata da Jessica Stroup (che molti ricorderanno per aver interpretato Silver in 90210), e Mandy (Tiffany Boone), presunta nipote di Joe. 
Quest’ultimo, sulla cui morte nessuno avrebbe scommesso neanche un centesimo, si è infatti rifugiato in una baita sperduta in mezzo al bosco, barba lunga e camicia da boscaiolo, pronto a tornare sulla scena grazie soprattutto all’insistenza della sua setta che continua, proprio come nella prima stagione, a inviargli messaggi criptati attraverso internet.
Già nel secondo episodio, la natura di Joe irromperà sulla scena in maniera violenta e cruenta, nel corso di un efferato omicidio, compiuto di fronte agli occhi sbigottiti di Mandy.
La lotta tra bene e male è ancora al centro della serie, il dualismo tra eroe e antieroe prosegue, e fa sì che Joe e Ryan si assomiglino sempre più tra loro, proprio come le due facce della stessa medaglia.
La scena finale della prima puntata, in cui Ryan indossa la maschera di Carrol di fronte allo specchio è il chiaro esempio di come si svilupperà una stagione iniziata col botto, che lascia davvero ben sperare.