There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

lunedì 6 maggio 2013

In Treatment Italia: un copia e incolla poco coraggioso



Dal 2005 al 2008, sull’emittente israeliana Hot 3, andò in onda BeTipul, serie di 80 episodi creata da Hagai Levi, che aveva come interprete principale lo psicologo Reuven Dagan (Assi Dayan) alle prese con le storie dei suoi pazienti.
Ripreso in oltre 12 paesi, il format creato da Levi riscuote il successo maggiore negli Stati Uniti, nella versione in onda sulla HBO (2008-2010), con Gabriel Byrne nei panni del dottor Paul Weston, dal titolo In Treatment (tra i produttori esecutori della serie d’oltreoceano, Mark Wahlberg e lo stesso Hagai Levi).
Un mese fa circa, ha debuttato su Sky Uno (in collaborazione con La7), la versione italiana della serie, con la regia di Saverio Costanzo e un cast di tutto rispetto in cui spiccano Sergio Castellitto nel ruolo del protagonista, il dottor Giovanni Mari, sua moglie interpretata da Valeria Golino, e tra i pazienti, Adriano Giannini.
La serie, girata interamente in una stanza, lo studio di mari, proprio come nell’originale, altro non è che un banalissimo copia e incolla della versione con Byrne.
Per nulla coraggioso né audace, In Treatment Italia non si discosta minimamente dalla versione americana, se non italianizzando sporadicamente alcuni particolari delle storie raccontate dai personaggi in cura dallo psicologo.
Per nulla personalizzate né rivisitate, le vicissitudini dei pazienti si svolgono esattamente come quelle dei loro predecessori, senza aggiungere nulla di nuovo, senza sperimentare o rischiare quel tanto che basta per guadagnarsi la stima del pubblico (l'unica storia, per ovvie ragioni, a scostarsi maggiormente rispetto all'originale è quella del carabiniere Dario).
Una trasposizione nuda e cruda di storie che molti di noi che hanno seguito lo show sulla HBO già conoscono e che, proprio perché prive del coraggio necessario per differenziarsi, non lasciano il segno, nonostante la bravura della maggior parte dei protagonisti.
Poco incisive sia Kasia Smutniak nei panni di Sara, un’infermiera in crisi con il fidanzato e innamorata di Giovanni, che Barbora Bobulova, qui Lea, moglie di Pietro (Giannini), quarantenne in crisi dopo aver scoperto di essere rimasta incinta.
Notevole invece la performance di Guido Caprino (Dario), un carabiniere sotto copertura alle prese con la ‘ndrangheta, e della giovanissima Irene Casagrande (Alice), ballerina diciassettenne che ha da poco tentato il suicidio.
Ultima ma come si suol dire, non meno importante, la straordinaria Licia Maglietta che presta il volto alla psicoterapeuta Anna, dalla quale Giovanni si reca ogni settimana per far chiarezza negli ultimi, drammatici avvenimenti che hanno travolto la sua vita matrimoniale.
Ammirevole, nonostante tutto, il tentativo di Costanzo e dell’intera produzione che sta dietro In Treatment Italia, di voler portare un genere diverso nel nostro Paese, lontano dalla tradizionale soap, ma anche dal mondo delle fiction, e più vicino alla serialità americana.
Peccato invece per la scelta di intraprendere la via più semplice del mero “copia e incolla” difetto che, nonostante gli innumerevoli lati positivi, impedisce alla versione italiana del format di Levi di affermarsi come un prodotto innovativo nel palinsesto della pay tv, fallendo laddove, pochi anni fa, Romanzo Criminale, riuscì invece alla perfezione.

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